INPGI E LAVORO GIORNALISTICO
 
accordi conciliativi, incentivi all'esodo e assoggettabilita' a contribuzione
Corte d'Appello,   Sezione Lavoro,   24/05/2017,   n.2479

La Corte d’Appello di Roma, nella sentenza in commento, riafferma la regola generale secondo la quale le somme erogate al lavoratore sulla base di transazioni intervenute in relazione al rapporto di lavoro, comportanti rinunce a pretese vertenti su elementi imponibili, rientrano esse stesse nell’imponibile contributivo, salvo le espresse esclusioni di legge. Tra le predette esclusioni, rileva certamente il disposto dell’art. 12, comma 4, lett. b), L. 153/69 (nel testo risultante per effetto dell’art.6, comma 1, D. Lgs. 314/97), che lascia esenti “le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori, nonché quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione”, esclusa l’indennità sostitutiva del preavviso. Dovendo trovare un coordinamento tra regola ed eccezione, la Corte ribadisce che può ragionevolmente ammettersi che l’esenzione contributiva si riferisca ai soli accordi conciliativi o transattivi in cui l’attribuzione patrimoniale trova, infatti, giustificazione causale nella cessazione anticipata del rapporto, e la rinuncia all'imposizione contributiva diventa funzionale, dunque, all’attuazione del programma negoziale di esodo che la legge vuole appunto sgravare di pesi contributivi. Inevitabilmente, pertanto, rimane fuori dall’esenzione la dazione – comunque nominalmente qualificata – che “remuneri” rinunce ulteriori fatte dal lavoratore che pertengano ad aspetti retributivi normalmente assoggettati ad imposizione. Qualora quindi, negli accordi conciliativi vengano formulate siffatte rinunce, cui l’attribuzione patrimoniale è correlata, esse devono ritenersi pienamente efficaci e esorbitanti dall’ambito della “chiusura” anticipata del rapporto.
 
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INPGI E LAVORO GIORNALISTICO

accordi conciliativi, incentivi all'esodo e assoggettabilita' a contribuzione
Corte d'Appello,   Sezione Lavoro,   24/05/2017,   n.2479

La Corte d’Appello di Roma, nella sentenza in commento, riafferma la regola generale secondo la quale le somme erogate al lavoratore sulla base di transazioni intervenute in relazione al rapporto di lavoro, comportanti rinunce a pretese vertenti su elementi imponibili, rientrano esse stesse nell’imponibile contributivo, salvo le espresse esclusioni di legge. Tra le predette esclusioni, rileva certamente il disposto dell’art. 12, comma 4, lett. b), L. 153/69 (nel testo risultante per effetto dell’art.6, comma 1, D. Lgs. 314/97), che lascia esenti “le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori, nonché quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione”, esclusa l’indennità sostitutiva del preavviso. Dovendo trovare un coordinamento tra regola ed eccezione, la Corte ribadisce che può ragionevolmente ammettersi che l’esenzione contributiva si riferisca ai soli accordi conciliativi o transattivi in cui l’attribuzione patrimoniale trova, infatti, giustificazione causale nella cessazione anticipata del rapporto, e la rinuncia all'imposizione contributiva diventa funzionale, dunque, all’attuazione del programma negoziale di esodo che la legge vuole appunto sgravare di pesi contributivi. Inevitabilmente, pertanto, rimane fuori dall’esenzione la dazione – comunque nominalmente qualificata – che “remuneri” rinunce ulteriori fatte dal lavoratore che pertengano ad aspetti retributivi normalmente assoggettati ad imposizione. Qualora quindi, negli accordi conciliativi vengano formulate siffatte rinunce, cui l’attribuzione patrimoniale è correlata, esse devono ritenersi pienamente efficaci e esorbitanti dall’ambito della “chiusura” anticipata del rapporto.