INPGI E LAVORO GIORNALISTICO
 
autonomia e subordinazione nel lavoro giornalistico
Corte d'Appello di Roma,   Sezione Lavoro,   30/11/2020,   n.2128

Il discrimine tra autonomia e subordinazione nella qualificazione del rapporto di lavoro giornalistico non può dipendere da eventuali e variabili margini di libertà di movimento o di orari, essendo rinvenibile piuttosto nella sussistenza, o meno, di un inserimento continuativo ed organico delle prestazioni nell’organizzazione d’impresa, non ravvisabile solo quando le prestazioni siano singolarmente convenute e retribuite in base a distinti contratti che si succedano nel tempo, o nel caso in cui siano concordate singole, ancorché continuative, prestazioni secondo la struttura del conferimento di una serie di incarichi professionali. E’ pertanto da ritenersi subordinata l’attività del responsabile dell’Ufficio Stampa che si occupava di tutta la comunicazione esterna di una squadra di calcio, ponendosi a disposizione, in maniera continua e stabile, delle variabili esigenze aziendali, tant’è che il giornalista doveva predisporre i comunicati stampa, organizzare le conferenze stampa, anche nelle trasferte al seguito della squadra, progettare l’attività di informazione e comunicazione aziendale, curare i rapporti con i mass media locali e nazionali, redigere il “Piano comunicazione” settimanale da inviare agli organi societari per informarli sull’attività di diffusione delle notizie relative alla squadra. La Corte d’Appello di Roma, nel respingere l’impugnazione di una Società sportiva, ha precisato che a nulla rileva il c.d. nomen iuris, ossia la formale qualificazione data al rapporto di lavoro ab origine: il concreto atteggiarsi della prestazione lavorativa, per il suo fondamento nella volontà inscritta in ogni atto di esecuzione, la sua inerenza all'attuazione della causa contrattuale e la sua protrazione, rappresenta non solo lo strumento d'interpretazione della natura e della causa del rapporto di lavoro, bensì anche una nuova eventuale volontà delle parti che, in quanto posteriore, modifica la volontà iniziale conferendo al rapporto un nuovo assetto negoziale. La Corte ha altresì escluso che la pronuncia intervenuta nel giudizio tra il giornalista e la Società sia opponibile all’INPGI, estraneo a quel processo e titolare di un diritto al versamento della contribuzione previdenziale che si qualifica come distinto e autonomo rispetto al rapporto di lavoro: il giudicato formatosi nella controversia individuale non può esplicare efficacia riflessa nei confronti dell’Istituto previdenziale.
 
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INPGI E LAVORO GIORNALISTICO

autonomia e subordinazione nel lavoro giornalistico
Corte d'Appello di Roma,   Sezione Lavoro,   30/11/2020,   n.2128

Il discrimine tra autonomia e subordinazione nella qualificazione del rapporto di lavoro giornalistico non può dipendere da eventuali e variabili margini di libertà di movimento o di orari, essendo rinvenibile piuttosto nella sussistenza, o meno, di un inserimento continuativo ed organico delle prestazioni nell’organizzazione d’impresa, non ravvisabile solo quando le prestazioni siano singolarmente convenute e retribuite in base a distinti contratti che si succedano nel tempo, o nel caso in cui siano concordate singole, ancorché continuative, prestazioni secondo la struttura del conferimento di una serie di incarichi professionali. E’ pertanto da ritenersi subordinata l’attività del responsabile dell’Ufficio Stampa che si occupava di tutta la comunicazione esterna di una squadra di calcio, ponendosi a disposizione, in maniera continua e stabile, delle variabili esigenze aziendali, tant’è che il giornalista doveva predisporre i comunicati stampa, organizzare le conferenze stampa, anche nelle trasferte al seguito della squadra, progettare l’attività di informazione e comunicazione aziendale, curare i rapporti con i mass media locali e nazionali, redigere il “Piano comunicazione” settimanale da inviare agli organi societari per informarli sull’attività di diffusione delle notizie relative alla squadra. La Corte d’Appello di Roma, nel respingere l’impugnazione di una Società sportiva, ha precisato che a nulla rileva il c.d. nomen iuris, ossia la formale qualificazione data al rapporto di lavoro ab origine: il concreto atteggiarsi della prestazione lavorativa, per il suo fondamento nella volontà inscritta in ogni atto di esecuzione, la sua inerenza all'attuazione della causa contrattuale e la sua protrazione, rappresenta non solo lo strumento d'interpretazione della natura e della causa del rapporto di lavoro, bensì anche una nuova eventuale volontà delle parti che, in quanto posteriore, modifica la volontà iniziale conferendo al rapporto un nuovo assetto negoziale. La Corte ha altresì escluso che la pronuncia intervenuta nel giudizio tra il giornalista e la Società sia opponibile all’INPGI, estraneo a quel processo e titolare di un diritto al versamento della contribuzione previdenziale che si qualifica come distinto e autonomo rispetto al rapporto di lavoro: il giudicato formatosi nella controversia individuale non può esplicare efficacia riflessa nei confronti dell’Istituto previdenziale.