INPGI E LAVORO GIORNALISTICO
 
il rapporto di lavoro co.co.co.: requisiti e aliquota contributiva
Corte d'Appello,   Sezione Lavoro,   22/02/2021,   n.331

La Corte d’Appello di Roma, chiamata a decidere sulla natura del rapporto di lavoro di 21 giornalisti oggetto di verbale ispettivo, ha confermato integralmente la sentenza di primo grado - favorevole all'INPGI - ritenendola correttamente motivata ed immune da vizi. Il giudice d'Appello, infatti, richiamata la costante giurisprudenza in tema di efficacia probatoria dei verbali ispettivi, ha ritenuto che il Tribunale avesse correttamente valutato le risultanze istruttorie dell’accertamento ispettivo l'ulteriore prova testimoniale raccolta in corso di causa, alla luce della quale è risultata pienamente comprovata, per ognuno dei rapporti di lavoro dedotti in giudizio, la sussistenza dei requisiti tipici del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. Secondo la Corte, l'elemento della continuità è chiaramente desumibile dalla durata pluriennale delle collaborazioni, mentre il requisito della coordinazione è risultato comprovato dal collegamento funzionale con l'azienda che si è espresso nella partecipazione continuativa del singolo giornalista al raggiungimento delle finalità produttive, seppure con apporto esterno alla redazione. Quanto alla seconda questione oggetto della controversia - relativa all’accertamento circa l’errata applicazione dell’aliquota contributiva ridotta per i ventuno rapporti di co.co.co.- la Corte ha ribadito che il diritto al pagamento di un’aliquota inferiore a quella di cui al Regolamento INPGI sussiste solo nel caso in cui i collaboratori siano titolari di altra posizione assicurativa o siano pensionali; ha precisato poi che tali elementi devono essere provati dall'azienda datrice di lavoro che intende avvalersi della norma di favore. E a tale ultimo riguardo ha affermato che la prova non può essere fornita - come preteso dall'azienda - attraverso le mere dichiarazioni dei singoli lavoratori, bensì attraverso le attestazioni degli altri enti previdenziali. Nella specie, pertanto, è stato confermato che la società non ha assolto all’onere probatorio a suo carico, con conseguente rigetto del proposto gravame anche sotto tale profilo.
 
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INPGI E LAVORO GIORNALISTICO

il rapporto di lavoro co.co.co.: requisiti e aliquota contributiva
Corte d'Appello,   Sezione Lavoro,   22/02/2021,   n.331

La Corte d’Appello di Roma, chiamata a decidere sulla natura del rapporto di lavoro di 21 giornalisti oggetto di verbale ispettivo, ha confermato integralmente la sentenza di primo grado - favorevole all'INPGI - ritenendola correttamente motivata ed immune da vizi. Il giudice d'Appello, infatti, richiamata la costante giurisprudenza in tema di efficacia probatoria dei verbali ispettivi, ha ritenuto che il Tribunale avesse correttamente valutato le risultanze istruttorie dell’accertamento ispettivo l'ulteriore prova testimoniale raccolta in corso di causa, alla luce della quale è risultata pienamente comprovata, per ognuno dei rapporti di lavoro dedotti in giudizio, la sussistenza dei requisiti tipici del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. Secondo la Corte, l'elemento della continuità è chiaramente desumibile dalla durata pluriennale delle collaborazioni, mentre il requisito della coordinazione è risultato comprovato dal collegamento funzionale con l'azienda che si è espresso nella partecipazione continuativa del singolo giornalista al raggiungimento delle finalità produttive, seppure con apporto esterno alla redazione. Quanto alla seconda questione oggetto della controversia - relativa all’accertamento circa l’errata applicazione dell’aliquota contributiva ridotta per i ventuno rapporti di co.co.co.- la Corte ha ribadito che il diritto al pagamento di un’aliquota inferiore a quella di cui al Regolamento INPGI sussiste solo nel caso in cui i collaboratori siano titolari di altra posizione assicurativa o siano pensionali; ha precisato poi che tali elementi devono essere provati dall'azienda datrice di lavoro che intende avvalersi della norma di favore. E a tale ultimo riguardo ha affermato che la prova non può essere fornita - come preteso dall'azienda - attraverso le mere dichiarazioni dei singoli lavoratori, bensì attraverso le attestazioni degli altri enti previdenziali. Nella specie, pertanto, è stato confermato che la società non ha assolto all’onere probatorio a suo carico, con conseguente rigetto del proposto gravame anche sotto tale profilo.